Conca al Ministro Grillo:permettere anche alle regioni in piano di rientro di erogare servizi extra LEA per le malattie rare
l consigliere del M5S Mario Conca ha inviato una lettera al Ministro della Salute Giulia Grillo per chiedere la modifica dell’art. 5 del d.lgs n. 124 del 1998 e dell’art. 8, comma 10, lettera b) della Legge 537 del 1993, al fine di permettere l’erogazione di servizi extra LEA anche alle regioni in piano di rientro per tutti i pazienti affetti da malattie rare, fibrosi cistica e da patologie non rientranti nei livelli essenziali di assistenza.Di seguito il testo della lettera“Gentilissima Giulia,ho letto la nota dell’AIFA in risposta alle preoccupazioni delle associazioni delle Malattie Rare, relativamente ai farmaci orfani, e mi auguro che i timori siano stati del tutto fugati, ma leggere nell’articolo pubblicato su Quotidiano Sanità che secondo AIFA ai malati rari sono assicurate tutte le cure salvavita, ‘miglioravita’ e compassionevoli, off label compresi, è assolutamente non vero per tutto lo Stivale italiano. Infatti, le regioni in piano di rientro, quelle del Sud per intenderci, non possono erogare i livelli ulteriori di assistenza o extra lea che dir si vogliano, una barbarie disumana in taluni casi, così come il ministero ha recentemente ribadito in una missiva, a firma della dottoressa Arcà, in risposta al quesito posto dalla regione Puglia. Il divieto dell’erogazione dell’extra lea per le regioni commissariate, in piano di rientro o in programma operativo, nasceva per aiutare le stesse a rientrare dei disavanzi, ma la quotidianità ci ha dimostrato che i disavanzi regionali fanno fatica ad essere azzerati o addirittura aumentano, per l’inappropriatezza e l’emergenza a cui comunque si è costretti a ricorrere per prendere in carico gli assistiti. Stessa cosa dicasi per la crescita costante della mobilità passiva che per la Puglia vale 341 milioni di euro, a cui vanno aggiunti altri 60 milioni di costi diretti e indiretti per i viaggi della speranza che i pugliesi sostengono ogni anno.Ovviamente la questione extra lea non interessa solo alle 22 associazioni di malati rari, ma anche a tutti i cittadini meridionali che hanno necessità, ad esempio, di camera iperbarica per evitare o rimandare operazioni chirurgiche ad alta complessità all’acetabolo. Se hai quarant’anni, e una protesi dura mediamente vent’anni, devi rimandare l’intervento il più possibile perché la seconda volta potrebbe essere impossibile intervenire per via della consunzione ossea. Se però ti ricoveri in un ospedale pugliese, oppure vai a Bologna in mobilità passiva, puoi fare quante sedute di ossigenoterapia vuoi in ossequio alle linee guida SIMSI. Peccato che un ricovero ci costi 800 euro al giorno, e non tutti hanno la possibilità di farlo perché hanno una vita familiare e lavorativa a cui attendere, a fronte di un costo per trattamento da nomenclatore tariffario di soli 85 euro. È presto detto che perdiamo 715 euro a seduta, un suicidio economico.
A tutti i valvulopatici, altro esempio, a cui viene negata l’eparina a basso peso molecolare per normalizzare i valori e salvargli la vita, 50 euro a settimana che un pensionato minimo o un monoreddito non può sostenere, perché Aifa non l’ha ricompresa tra le patologie per cui l’utilizzo è ammissibile. Basta che i malcapitati ricorrano a un giorno di terapia intensiva all’anno per costare di più al SSR. È davvero questa la strada per uscire dal programma operativo o piano di rientro? Durante il mio mandato politico mi sono dovuto occupare di bambini affetti da ittiosi lamellare a cui venivano negati creme e shampoo specifici perché considerati extra lea, e poi ho anche dovuto sentir parlare di umanizzazione delle cure. È davvero possibile che il timore dei dirigenti amministrativi, in relazione a eventuali eccezioni da parte della Corte dei Conti, debba costringere le famiglie a indebitarsi, a rinunciare alla cure o a cercare aiuto per convincere le direzioni distrettuali e generali a procedere, quando è possibile, con l’extra tariffario e assumendosene il rischio? Stesso discorso vale per tutte le persone affette da linfedema a cui vengono negati linfodrenaggi e calze elastiche e che a trent’anni si vedono condannate a vivere senza poter contare sul servizio pubblico con gravi ripercussioni psicofisiche. Per non parlare delle tante patologie non rientranti nell’elenco ministeriale a cui non viene elargita la cannabis medica, a detrimento della qualità di vita e con aggravio maggiore di spesa sui bilanci regionali per l’utilizzo dei più costosi barbiturici. Emblematico è il caso di un ragazzo altamurano che, a seguito di sedici interventi facciali per un carcinoma ha perso un occhio e ha avuto bisogno di una protesi oculare. Dopo tante peripezie l’ha ottenuta dalla Asl Bari, per il tramite del distretto socio sanitario al costo di cinque mila euro, e oggi con 500 euro al mese di pensione di invalidità civile e la mancanza di lavoro per le patologie psichiatriche che ne hanno aggravato il quadro clinico, non riesce ad utilizzare la protesi perché non dispone di 150 euro mensili per i prodotti atti al fissaggio e alla disinfezione della stessa considerati extra lea. Una storia umana assurda che lo sta consumando e mi auguro non sfoci in tragedia. |